Tech Girls

Introduzione

E’ giunto il momento di stravolgere uno stereotipo che da ormai troppo tempo perdura:

alle donne la tecnologia non interessa!

Questa mia riflessione è dedicata a tutte le ragazze ed a tutte le donne a cui piace la tecnologia e anzi, con essa ci sanno davvero fare.  Perché tenere un joypad in mano per affrontare milioni di avventure virtuali non è più da tempo ormai una cosa da ragazzo; secondo le ultime stime dell’ESA (Entertainment Software Association)[1], in USA la quota rosa che gioca attivamente si aggira intorno al 41%, mentre in Europa circa il 43% delle ragazze ha fatto di questo hobby una passione vera e propria. Ed anche in Italia è videogiochi-mania: addirittura 1 videogiocatore su 2 è donna!

Lo scorso 8 marzo 2018 nel nostro paese è stata inaugurata l’attività dell’associazione Woman in Games, che ha tra i suoi propositi anche quello di raddoppiare il numero di professioniste e addette ai lavori che sviluppano e creano sempre più entusiasmanti e creativi videogames.

Nonostante le difficoltà di inserimento e di integrazione in un ambiente di lavoro a maggioranza maschile, dove ancora si vede con diffidenza la presenza di una donna, considerata spesso con funzione solo di aiuto rispetto ad un uomo-guida, le donne possono rappresentare una valida risorsa per la loro passione e creatività nel cercare di potenziare al meglio questo mondo in continua evoluzione.

[1] www.theesa.com

Aspetto storico/sociologico

Nel grande settore, in continuo sviluppo ed innovazione, del mondo tecnologico e digitale, il sesso femminile rappresenta ancora una netta minoranza rispetto ad un gruppo fatto per lo più di uomini. [1]

Nonostante questo trend che perdura da tempo vanno via via prendendo sempre più forma nel nostro paese gruppi di Tech Girls (gruppi di donne tecnologiche) estremamente eterogenei sotto numerosi punti di vista: età, percorso di studi (in alcuni casi non ancora terminato), esperienze lavorative e conoscenze in ambito tecnologico che si ritrovano (dandosi appuntamento) per apportare il loro contributo nel mondo tecnologico.

Un settore maschile, che però lentamente sta cambiando: secondo le stime solo il 14, 2% delle donne in Italia lavora nel settore dell’Information Technology, eppure la richiesta è altissima, sia per esigenze professionali, sia perché le soft skill al femminile sono molto apprezzate in azienda soprattutto se combinate a competenze tecniche forti.

Si va da ragazze che ancora non hanno venticinque anni a persone oltre i cinquanta anni, ci sono donne che lavorano nella programmazione (chi programma macchine utensili con Cad Cam, chi invece lavora come front-end), ma anche quelle che si occupano della parte amministrativa o commerciale di aziende nel settore tecnologico e vogliono approfondire il tema, mentre altre partecipano agli incontri solo come hobby e si danno appuntamento in fiere e convegni per elaborare nuove tecnologie e sentirsi così parti di un mondo che non è più oramai solo maschile.

[1] www.stateofmind.it – “Le origini delle differenze di genere relative all’ambito lavorativo sono da ricercare nei primissimi messaggi con cui i bambini vengono bombardati fin dai primi anni di vita. Mentre l’educazione maschile, molto spesso, tende a stimolare comportamenti che si riveleranno vincenti in ambito lavorativo, l’educazione femminile privilegia, solitamente, soprattutto i rapporti ed i legami interpersonali e le donne vengono fin da piccole avvicinate al ruolo di madre e moglie”.

Aspetto psicologico/patologico

Si potrebbe pensare che a seguito di un’educazione stereotipata ed omologata le carriere lavorative femminili vengano sabotate fin dai primi anni di vita. E nel caso in cui una donna, crescendo attraverso un valido percorso di studi, riesca a raggiungere un “buon lavoro” con uno sviluppo di carriera ineccepibile, può continuamente ritrovarsi a dover fronteggiare nel mondo del lavoro una serie di forti stereotipi e potenti pregiudizi.[1]

Tutti questi processi conducono non solo ad una dispersione di un potenziale che dovrebbe invece essere valorizzato, ma portano con sé anche una svalutazione del soggetto femminile con conseguente abbassamento del livello dell’autostima.

Nel 1977 Kanter osservò che potevano esistere quattro stereotipi di donne sul lavoro:

La donna madre, con uno spiccato senso relazionale, attenta all’altro e predisposta all’ascolto che però invece di essere apprezzata dai colleghi viene giudicata come poco competitiva e professionale venendo spesso sottopagata;
La donna bambina,
anche questa figura femminile viene sottopagata e spesso non valutata proprio perché definita come piccola e non preparata;

La vergine di ferro, una donna che sa quello che vuole, sfrontata, diretta, determinata, e per questo, giudicata come poco femminile;

La donna oggetto, vista solo per il suo aspetto, per il suo fascino e di conseguenza valutata solo come oggetto sessuale e non come donna con competenze professionali.[2]

Tutto questo conduce ad una difficoltà sempre maggiore della donna nel potersi affermare nel mondo del lavoro ed in special modo nel settore informatico, matematico e scientifico. Quindi grazie! Grazie a tutte le Tech Girls che stanche di essere svalutate, ignorate e stereotipate hanno deciso di non girare le spalle alle materie scientifiche ma anzi di affrontarle, farle proprie e sfruttarle al meglio per poter esprimere così le loro grandi capacità. “Uno studio di Chipman e Thomas (1985) ha rilevato come, a parità di ore di lezione, non vi sarebbero differenze relative alla competenza matematica tra uomini e donne[3]”. È la motivazione a fare la differenza! Il termine motivazione deriva dal latino motus “moto” e rimanda all’insieme dei processi psicologici che provocano la nascita, la direzione e la persistenza di azioni volontarie dirette verso un obiettivo[4]. Ecco allora che identificato l’obbiettivo di tutte queste nuove donne tecnologiche non resta che augurargli un buon cammino ricco di successi personali e professionali.

[1] Psicologia sociale, Smith – Mackie – Claypool, Zanichelli, 2016. “Per la psicologia sociale uno stereotipo corrisponde a una credenza o a un insieme di credenze in base a cui un gruppo di individui attribuisce determinate caratteristiche a un altro gruppo di persone. Similare alla connotazione più negativa di uno stereotipo, in psicologia un pregiudizio è un’opinione preconcetta concepita non per conoscenza precisa e diretta del fatto o della persona, ma sulla base di voci e opinioni comuni”.

[2] La rivoluzione incompiuta, Laura Zanfrini, Edizioni Lavoro, 2005.

[3] www.stateofmind.it

[4] Leggere l’organizzazione. Il punto di vista soggettivo e psicologico, Ferruccio Cavallin, Forma Jogreen edizioni, 2015

Aspetto educativo

La soggettività femminile non è univoca, ma multipla. “Corpo significa in realtà riferirsi agli infiniti corpi delle singole persone, tutti diversi e non assimilabili né sovrapponibili[1]”.

Così non c’è un’unica donna che le può rappresentare tutte.

Ogni persona è a sé, nelle sue peculiarità e tratti esteriori ed interiori che la caratterizzano e differenziano dalle altre rendendola un essere unico. Queste Tech Girls, sono ognuna di loro esempio e testimonianza della loro meravigliosa singolarità e sono unite da un fil rouge: la tecnologia rappresenta una scelta (nonostante alcune difficoltà che si oppongono) per ottenere qualcosa in più dal mondo del lavoro, per un riscatto professionale o per dare davvero significato alla propria carriera, ma anche come passione.

Ma non solo nel mondo del lavoro, anche lungo tutto il percorso di formazione scolastica le ragazze dovrebbero avere ben chiaro che hanno le capacità per perseguire qualsiasi cosa vogliano. Certamente non per tutte studiare e lavorare nel mondo della tecnologia può rappresentare il loro sogno, ma la cosa importante è rendere la tecnologia un’opzione chiara e fattibile.

[1]La ricerca delle donne. Studi femministi in Italia, Maria Cristina Marcuzzo – Anna Rossi Doria, Rosenberg & Sellier, 1988.

Conclusioni

Onore al genere femminile che non si arrende, ma combatte contro gli stereotipi ed i pregiudizi.

Onore a quelle famiglie che, nonostante una società omologata, cercano di dare una cultura ed una visione open mind del mondo ai loro figli.

Onore a tutti gli uomini che non si basano su un’impressione generale e priva di curiosità dell’universo femminile, ma che invece cercano di scoprirlo, valorizzarlo e potenziarlo.

Un lavoro di squadra, un lavoro in team è la soluzione che per mio conto, può condurci a nuove e grandiose scoperte. L’unione di competenze, capacità e professionalità differenti possono essere generative di un mondo davvero migliore.

Ecco dunque che politiche scolastiche e lavorative che incentivino la carriera femminile nel mondo della tecnologia possono produrre differenti risultati come: abbassamento degli stereotipi e dei pregiudizi, innalzamento dell’autostima e della motivazione.

Mi auguro che questi gruppi di Tech Girls a loro volta però non cadano nell’errore comune di creare confini chiusi entro i quali operare, smettendo così di lavorare in gruppi costituiti da sole donne per evitare di tracciare un nuovo border che seppur oltre rispetto al precedente, crea comunque una linea di demarcazione in opposizione a quella preesistente maschile.